giovedì 6 agosto 2015

2015.13 Aprile - Presentazione del romanzo "Applausi a scena vuota"



Dova’lè  è intrappolato nella tragedia della vita dei suoi genitori. Vuole respirare e cerca una posizione che gli permetta di trovare le parole  per parlarne. Stare a testa in giù gli permette di vedere il mondo in un altro modo e  di accorgersi di come il mondo vede lui. Questo chiede al suo pubblico; mettere le persone in relaziona le une con le altre. Il  suo pubblico  se ne accorge e reagisce, alcuni se ne vanno, altri raddrizzano la schiena. Capita di rimpiangere di non avere vissuto una vita autentica, capita anche a un’intera società – Israele – che vive una situazione distorta e disperata.


“Sapete cosa significa oggi mantenere un’anima, una coscienza? (p. 34 – 36). Passione civile e responsabilità personale sono i temi del romanzo raccontato a più voci. Avrebbe potuto essere un processo e invece è uno spettacolo teatrale appassionato, ricco di emozioni, pensieri e sentimenti, nel quale sopravvive “la cosa che un uomo trasmette inconsapevolmente, l’unicità e insostituibilità di ciascuna persona umana”. Luoghi, sapori, colori e odori si mescolano ai paesaggi e alle convinzioni,  i dubbi si introducono tra i modi di dire, di fare e di pensare che riportano ciascun lettore a quel poco di esperienza che ha della vita e degli spazi di Israele. Un romanzo avvincente che  fa patire chi legge, prova d’amore nei confronti della vita di chi conosce la perdita che procura la morte a chi sopravvive.

Dova’le è un comico, sbruffone mediocre, non ha troppo successo, è malato e alla fine della sua vita recita quello che forse sarà il suo ultimo spettacolo. Il romanzo si apre con un gioco di scherzi e barzellette tra il comico e il pubblico. Nel benvenuto agli spettatori, rientrano fin dall'inizio tutti i problemi attuali, dall'antisemitismo antico a quello nuovo - “Il modo migliore di farsi apprezzare è sparire” (p 25) - ; dalle tensioni con gli arabi, fino alle diatribe  del  governo. Dova’le coinvolge il suo pubblico, peggio che di Kippur, interloquendo ora con l’uno ora con  l’altro, in una vicenda che solo all'apparenza è strettamente personale. Gli spettatori sono gente di poche parole, con mille storie complicate alle spalle; nessuno vuole sentir parlare di politica, sono andati lì per ridere e per divertirsi e Dova’le, il buffone ciarlatano, li terrà tutti con il fiato sospeso, mentre interpreta la storia, sulla quale vuole essere giudicato e che li costringerà  a reagire e a scegliere di andarsene o di restare.   

Mentre Dova’le fa scena accade ciò che lui non aveva previsto:  la presenza tra il pubblico di una donna minuscola, seduta sola a un tavolo nel seminterrato dove avviene lo spettacolo. Era stata sua  vicina di casa molti anni prima, e capitata lì per caso, darà una svolta alla storia. Quand'ero piccola ero tua vicina di casa, nel quartiere dietro alla stazione degli autobus, e tu sei il bambino che per affrontare il mondo, camminava sulle mani ed eri un ragazzo perbene, (p.49).  Poche parole e Dova’le si sente spaccare dentro, entra in un’altra dimensione e cambia all'improvviso la sua storia. E mentre la sostanza  del vivere e del morire si dimensiona nel racconto di un viaggio nel deserto del Negev, tra la base di Beer Ora e Gerusalemme - frammezzato dalle barzellette dell’autista, con il sudore che cola per i quaranta gradi, - la sala si svuota, e la storia difficile della sua adolescenza si riversa sugli spettatori rimasti ad ascoltare …. Da bambino, per affrontare il mondo, camminavo sulle mani, tenendomi ben ritto in equilibrio sulla schiena. Guardavo il mondo da sotto insù e passeggiavo nel quartiere, nei cortili, su e giù per le scale …(p. 75).  Bisognerà attraversare il gergo che si usa nei cabaret per far ridere e per far divertire -  a volte provocatorio e irritante, altre volte buffo, altre ancora disperato -  per arrivare a raggiungere la tenerezza che tiene insieme la memoria del passato e  la speranza del  futuro che Dova’le ricostruisce nella condivisione con i diversi personaggi del pubblico. . “E improvvisamente mi ero ricordato di ciò che era successo a lui e anche a me, a Beer Ora, …di quando erano venuti a prenderlo, ed era partito sulla camionetta militare per tornare a Gerusalemme dove lo aspettavano per il funerale.
Alla mente di Dova’le si affacciano gli episodi più cari della sua vita, le fotografie con i genitori, gli odori, le parole di richiamo e i contrasti, i tratti di sua madre e di suo padre, i giochi e le serate … e lui non sa ancora chi dei due sia morto, non ha mai partecipato ad un funerale e non sa cosa sia la settimana del lutto. Come tenere in piedi uno spettacolo? Dova’le ce la mette tutta. Imitazioni, salti improvvisi della voce, interpretazioni grottesche, suoni e movimenti … I suoi dialoghi con l’autista terranno svegli entrambi e gli spettatori mentre lui improvvisa battute, scherzi e barzellette, muovendo  tutto il suo corpo per dare corpo alle immagini che vuole suscitare.
Una tra le mille storie sofferte da chi fuggendo, riesce ad allontanarsi da un dolore per poi precipitare in un altro. (p.158). E sarà Dova’le a restituire all'interlocutore la vita e a restituire ai lettori la vita che è rimasta dopo la Shoah. Perché ci permette di tornare indietro e agire diversamente da allora…(p. 168). ).”Devo capire – pensa il giudice -  come mai quel giorno,  quando avevo visto Dova’le seguire il sergente maggiore verso la camionetta con uno zaino in spalla, non mi ero alzato e ero corso da lui. Avrei dovuto farlo. Avrei dovuto accompagnarlo e chiedergli cosa stava succedendo. Ero o non ero suo amico? (p. 166) …  La coscienza emerge nel gesto di camminarsi a fianco volentieri, “allungo la mano, gli toccò la spalla” per ricucire insieme una  vicenda sgangherata che anticipa nuove realtà  per il bene di entrambi e della storia. “Senti, che ne dici se ti accompagno a casa?” – “Un attimo, non così in fretta. Siediti, fammi da pubblico ancora per un istante”. (p.175)

Il linguaggio – L’uso della prima persona è utilizzato sia dal protagonista che dai suoi interlocutori e ciò fa in modo che pensieri, sentimenti ed emozioni dell’uno e dell’altro si alternino creando tra il pubblico che partecipa allo spettacolo, come tra il testo e il lettore uno spazio utile per  inserire le proprie riflessioni, le ragioni e i sentimenti che lo rendono partecipe della vicenda.





Nessun commento:

Posta un commento